Music and analysis: a parallel universe?

Il primo giorno di laboratorio sulla pianificazione dell'intervento psicoterapeutico, abbiamo messo in gioco i seguenti concetti: si è parlato di cassa armonica, si è parlato di tempo esterno e tempo interno, si è parlato di trovare un linguaggio (codice) comune, si è parlato di spazio e di modelli da impiantare.

Ciascuno di noi ha una propria storia esperienziale, un proprio bagaglio culturale che, a mio personale avviso, prescinde dal livello di scolarizzazione, nonché un numero di “filtri” attraverso i quali tutto ciò di cui facciamo esperienza nel famigerato hic et nunc viene in qualche modo integrato nel nostro bagaglio di conoscenze.

Ma questi “filtri”, cosa sono? Io li intendo allo stesso modo in cui Freud intende le difese dell’io. Esistono delle difese più primitive, e delle difese più evolute. Inoltre, a mio avviso, c’è sempre un grado di dinamicità attraverso il quale l’individuo è capace o meno di muoversi all’interno del suo sistema difensivo, e ciò determina la cosiddetta cassa armonica collocata nel nostro personale spazio interno.

Spiego meglio il concetto, aiutandomi proprio con l’argomento musica.

Se ad un profano chiedi quante sono le note, ti risponderà che sono sette. Sbagliato!  Basta osservare la singola scala tonale di un pianoforte, per rendersi conto che ci sono dei tasti  intermedi  detti diesis o bemolli a seconda che li si guardi a scendere o a salire lungo la scala tonale. Per di più, il pianoforte possiede molteplici scale, e ha la possibilità di essere suonato anche a più mani.

Detto questo, provo a fare i seguenti parallelismi:

1.     totalità dei tasti del pianoforte = cassa armonica

2.     eventuali tasti rotti o incapaci di suonare = difetto di contenimento della cassa armonica.

3.     armonie suonate predominanti = sistema comportamentale e difensivo abitudinario

4.     dissonanze melodiche o note stonate = conflitto

5.     pianista = livello di consapevolezza di sè

Perché una persona persiste nel suonare una certa serie di note? Per quale motivo non sfrutta l’intera rosa dei tasti che le sono stati messi a disposizione? Sono i tasti ad essere rotti, oppure è il pianista che ha un campo visivo ristretto?

Mi sembra di poter descrivere con successo il momento in cui un soggetto arriva alla consulenza con le parole del ritornello di questa canzone:

La verità che potrebbe creare anime libere

È sepolta all'interno di un dolce pandemonio Nascosto da miscredenza

L'enigma rimane velato nel dolce pandemonio

 

Lo “Sweet Pandemonium” lo posso paragonare a tutto il materiale che la persona che arriva da noi porta alla nostra attenzione, verbalmente e non verbalmente (e includo al “non verbalmente” anche tutto ciò che il soggetto consapevolmente o meno omette di dire).

Quando ci troviamo a dover pianificare un intervento psicologico, dobbiamo tener conto di tutte le variabili sopracitate.

Da quello che ho capito, la consulenza in un centro di ascolto si svolge lungo un iter di tempo di 4 sedute a frequenza settimanale. Durante questo arco di tempo, dovremmo essere in grado di indirizzare un soggetto verso il percorso più idoneo per lui alla risoluzione del problema.

Dobbiamo tener ben presente che non saremo noi gli eventuali psicoterapeuti, tuttavia, considerando che la psicoterapia si svolge attraverso la relazione interpersonale, è importante essere consapevoli che già durante gli incontri in nostra presenza, sarà possibile verificare un eventuale cambiamento nella persona.

Il metodo psicanalitico, a riguardo, mi è sembrato molto valido, e mi riferisco qui al caso clinico portato alla nostra attenzione. Tuttavia, personalmente, avrei inviato il soggetto analizzato verso un percorso terapeutico diverso, perché, ascoltando le relazioni dei diversi colloqui, ho avuto la sensazione che si stesse sempre fermi allo stesso punto. O meglio, mi è sembrato che si girasse sempre attorno allo stesso punto, senza mai arrivare a toccarlo. Ammetto di avere avuto dei moti di fastidio, a tratti, sui quali poi ho riflettuto giungendo alla tesi che era proprio la rigidità del soggetto che me la istillava. Anzi, per essere più precisi, non tanto la rigidità quanto la finta richiesta di aiuto, che tuttavia è rimasta inespressa o inattuata fino al momento dell’invio, in cui si è reso evidente che la ragazza presa in esame non aveva nessunissima intenzione di lavorare su se stessa. Del resto, mettersi in discussione è già un lavoro faticoso e spesso doloroso per le persone con un buon livello di dinamicità delle difese dell’io, e dove la cassa armonica è in grado di contenere le angosce.

Il caso di "C". 

La domanda fondamentale è: cosa voglio?

Ho davvero intenzione di mettermi in discussione, affrontare questo doloroso percorso e cambiare te stesso in un essere più felice?

C. non sembrava essersi posta questa domanda. O forse se l’era posta secondo i suoi canoni di lettura. Lei voleva che l’analista, con un colpo di bacchetta magica, cambiasse il contenuto della scatola dei giochi. Nel momento in cui si è resa conto che, nel cambiare il contenuto, l’analista stava rompendo il contenitore, C. è scappata. E’ scappata da una seduta di consulenza e, successivamente, dall’invio in terapia.

Non solo, ma ha perseverato nella sua “violenza” tornando dopo anni dal terapeuta e distruggendo ogni minimo frammento caldo che anche solo possibilmente aveva potuto trovare luogo nel suo inconscio durante le sedute di consulenza.

E allora, le interpretazioni dell’analista hanno potuto essere accolte nell’inconscio di C.? Ovviamente no!

Come mai C. non ha potuto compiere questa operazione? Io credo che C. fosse troppo rigida e impermeabile, con un contenitore già rotto che già faticava a contenere i propri oggetti interni, e di conseguenza impossibilitato a lasciare entrare ulteriore materiale.

A proposito del metodo psicanalitico…

  Mi sembra un metodo che possa funzionare abbastanza bene per farsi un’idea del sistema difensivo del soggetto e per indirizzarlo verso un cammino psicoterapeutico. Non so fino a che punto il metodo analitico puro possa essere idoneo per i soggetti come C., che hanno dei sistemi difensivi rigidi e primitivi.

Scrivo questo perché, personalmente, durante l’esposizione del resoconto di C., ho avuto la percezione che, nonostante il tempo esterno, oggettivo,  passasse, il tempo interno, relazionale, restasse sempre fermo. Detta altrimenti, mi sembrava che l’analista stesse parlando ad un muro, che alla fine, come ho già scritto, gli è caduto pure addosso, cercando di distruggerlo.

Per questo, la domanda “cosa vuoi?” Credo sia una delle domande alle quali per ciascuno di noi sia più difficile rispondere.

Credo che ciascuna persona con la quale noi veniamo in contatto tocchi determinate corde della nostra cassa armonica. Non possiamo svolgere bene il nostro lavoro sia di consulenza, sia di terapia, se non siamo disposti a mettere continuamente in discussione anche il nostro risuonare in risposta a ciò che ci viene presentato tramite lo spartito altrui. E’ indubbio che questo lavoro possa essere immediato, oppure che possa richiedere più del tempo oggettivo che abbiamo a disposizione, e questo fattore comporta un margine di errore momentaneo per quanto riguarda la relazione e la risposta che diamo al nostro interlocutore. Inutile farsene una colpa.

L’importante è agire al meglio delle nostre capacità.

Ognuno ha i propri ritmi e i propri tempi “di digestione”, ed ogni persona che ci troviamo di fronte a chiedere aiuto è una possibilità che noi abbiamo per lavorare su noi stessi, perché solo attraverso la continua manipolazione e integrazione della nostra cassa armonica possiamo offrire a chi vuole un supporto sempre più efficiente. Più siamo dinamici, più siamo funzionali. Più siamo elastici, più riusciamo a muoverci attraverso le difficoltà che inevitabilmente incontriamo lungo il nostro cammino.

Penso che arrivare a consapevolizzare questi concetti sia già un gran punto di partenza. Tutto il resto, è nozionismo che filtriamo di continuo e integriamo alle nostre conoscenze pregresse  e alla nostra emotività.

A tal proposito, cito un altro testo dello stesso gruppo al quale ho accennato prima, che io considero come monito per chiunque si appresti a mettersi in gioco in una professione di aiuto che implichi uno scambio emotivo con un altro soggetto.

Cerchio di paura

L’ angoscia sta bussando alla sua porta

Le ombre danzano fuori dalla sua finestra

Le lacrime continuano a cadere sul pavimento

Mentre il mondo intorno a lei crolla

Se vuoi salvarla

Prima devi salvare te stesso

Se vuoi liberarla dal male

Non farlo con il tuo dolore

Se vuoi vederla sorridere di nuovo

non farle vedere che hai paura

Perché il vostro cerchio della paura è lo stesso

L'amore può essere freddo come tomba

Un biglietto di sola andata verso un dolore senza fine

Un impero di delicato odio

Oggi senza domani

E 'il cerchio del rimpianto

Il cerchio di odio

Il cerchio della morte

Il tuo cerchio della paura è lo stesso

Canzoni del gruppo finlandese HIM (compositore e cantante: Ville Hermanni Valo)

The first day of the workshop on the planning of psychotherapy, we have stakedthe following concepts: we talked about the sound box, was mentioned internal time and external time, we talked about finding a language (code) common we discussed of space and models to be implanted.
Each of us has his own experiential history, his own cultural baggage, in mypersonal opinion, independent from the level of schooling, as well as a number of"filters" through which everything we experience in the hic et nunc is notorious in some integrated way in our knowledge.
But these "filters", what are they? I mean them the same way that Freud intendedthe ego defenses. There are more primitive defenses, and defenses evolved.Moreover, in my opinion, there is always a degree of dynamism through which the individual is able or not to move within its defensive system, which determines the so-called soundboard placed in our personal inner space.
I explain the concept better, helping me with the precise subject of music.

If  you ask  a profane how many notes will tell you that there are seven. Wrong! Enough to look at tonal scale of a single piano, to realize that there are keyintermediates called sharps or flats, depending on whether you look them up ordown along the tonal scale. Furthermore, the piano has many stairs, and has theability to be played too many hands.
Having said that, I try to do the following parallels:

1.      all the keys of the piano  = harmonic chamber

2.      Any broken keys or unable to play = failure of containment of the harmonic chamber

3.      Prevailing played harmony = behavioral system and defensive routine

4.      dissonances or melodic wrong notes = conflict 

5.      Pianist = level of self-awareness

Why does a person persists in playing a certain series of notes? Why does not exploit the full rose of the keys that have been made ​​available? Are the keys to bebroken, or is the pianist who has a narrow field of view?
I think we can successfully describe the moment when a person comes to consulting with the words of the chorus of this song:

The truth that could set souls free

Is buried within sweet pandemonium

Concealed by disbelief

The riddle stays veiled in sweet pandemonium

 I can compare the "SWEET PANDEMONIUM" to all the material that the person who comes to us brings to our attention, verbally and nonverbally (and I include the "non-verbally," even all that the person knowingly or otherwise fails to mention).

When we have to plan a psychological intervention, we must take into account all the variables mentioned above.

From what I realized, the advice in a listening center is along a process time of 4weekly sessions. During this time, we should be able to direct a person towardsthe most suitable route for him to correct the problem.

We must keep well mind that we will not be the possible psychotherapists,however, considering that psychotherapy takes place through interpersonal relations, it is important to be aware that during the meetings in our presence, you will see a change in the person.  

The psychoanalytic method, in this regard,  seemed to me very good, and I am referring here to the clinical case brought to our attention. However, personally, Isent the analyzed subject to a different therapeutic approach, because listening to the reports of several interviews, I had the same feeling that they always stop at the same point. Or rather, it seemed that they always revolved around the same point,without ever getting to touch it. I admit I have had the motions of nuisance, at times,on which then I thought about coming to the view that it was the rigidity of theperson who instigated me. Indeed, more precisely, less stiffness than the fake call for help, which however is unexpressed or unrealized until it is sent, when it became apparent that the girl had not taken into consideration no intention to workon herself. Moreover, questioning is already a tiring job and often painful for people with a good level of dynamism of ego defenses, and where the harmonic chamberis capable of containing the anxieties.

The case of "C"

I really want to put under discussion, to face this painful path and change myselfinto a happier?

C. did not seem to have asked herself  this question. Or maybe, if she had, it had been questionned   according to her canons. She wanted the analyst, with a magic wand, to change the contents of the toy box. The moment she realized that, in changing the content, the analyst was breaking the container, C. ran away. She escaped from a counseling session, and then, from a possible therapy.
Not only that, but she persevered in her "violence" , returning after years by the therapist and destroying every single piece hot that even she could possibly find place in her  unconscious during counseling sessions.
And then, the analyst's interpretations have been accepted into the unconscious of C.? Of course not!
Why C. could not do this? I believe that C. was too rigid and waterproof, with a container already broken that already struggled to contain their own internal objects, and consequently unable to leave enter additional material.

About Psychoanalytic method

It seems to me a method that may work well enough, to get an idea of the defensive system of the subject and steer it towards a path psychotherapy. I don’t know how far the purely analytical method may be suitable for subjects such as C, which has rigid and primitive defense systems.
I write this because, personally, during the exposure of the report of C., I had the perception that, despite the weather outside, objective, passed, an internal time,relational, always remained stationary. Said otherwise, it seemed that the analyst was talking to a wall, in the end, as I wrote, she also fell on him, trying to destroy it.

Therefore, the question "What do you want?" I think one of the questions that for each one of us is more difficult to answer.
I believe that each person with whom we come in contact touches certain chordsof our sound box. We are unable to do our work both counseling, therapy and, if we are not prepared to constantly challenge our well resonate in response to whatis presented to us by the score of others. There's no doubt that this work may be immediate or it may require more objective time we have available, and this factor leads to an uncertainty of momentary regard to the report and the responsewe give to our partner. Needless to come to terms with guilt.
The important thing is to act in the best of our abilities.
Everyone has own rhythm and timing "digestion", and every person we are faced with asking for help is a possibility that we have to work on ourselves, because only through the continued integration and manipulation of our soundbox can offerwho wants to support more efficient. The more we are dynamic, the more we arefunctional. The more we are flexible, the more we can move through the difficultiesthat inevitably find along our journey.
I think that getting consciousness about these concepts is already a great starting point. Everything else is instilling knowledge which we filter all the time andintegrate with our existing knowledge and our emotions.
In this regard, I quote another text of the same group that I mentioned before, I consider that as a warning to anyone who is about to get involved in a profession help involving an emotional exchange with another person.

Circle of Fear

Heartache is knocking on her door

Shadows dance outside her window

Tears keep falling on the floor

As the world around her crumbles

If you want to save her

First you have to save yourself

If you want to free her from the hurt

Don't do it with your pain

If you want to see her smile again

Don't show her you're afraid

Because your circle of fear is the same

Love can be as cold as grave

A one-way ticket to endless sorrow

An empire of gentle hate

Today without tomorrow

It's the circle of regret

The circle of hate

The circle of death

Your circle of fear is the same

Songs made by  the Finnish band HIM (composer and singer: Ville HermanniValo)